Questo ottobre sono stata a visitare la mostra sul Machu Picchu al MUDEC di Milano (dall’8 ottobre al 19 febbraio 2023)
In autunno con il grigio avanza, sono belle le mostre che ti portano in un altro luogo, in un altro tempo… Questo luogo sulle Ande ha sempre suscitato la mia curiosità e la mia fantasia, forse perché questa città antica è rimasta più misteriosa agli occidentali, grazie alla sua posizione inaccessibile.
Quando venne scoperta da Hiram Bingham nel 1911 credettero che si trattasse della capitale nascosta in cui si erano rifugiati gli Inca nel 1532 per sfuggire agli spagnoli. In realtà Bingham ha sempre sostenuto che non fosse Vilcabamba, la capitale del mito, e nel 1956 venne confermato. Ad ogni modo permane il fascino di una città mai violata custode di molti misteri tutt’ora non tutti svelati.
Ma la mostra non è tanto incentrata sulla città sulle montagne andine, quando piuttosto sulle Civiltà che abitavano questi luoghi. Per noi europei, cristiani è difficile accettare le civiltà precolombiane, con i loro rituali così crudeli, con le loro divinità mostruose non tanto nell’apparenza quanto nella logica che esige il sacrificio umano, tra l’altro così efferato e brutale…
Per noi cristiani la vita di ciascuno è sacra e preziosa, perché il concetto stesso di Dio è personale e intimo. Egli conosce ogni nostra debolezza e ogni nostra buona e cattiva azione. E ciascuna sarà “ricordata” in un futuro che ci riguarda come singolo, poiché nella visione tradizionale i buoni e i cattivi saranno divisi e selezionati proprio come il grano buono dall’erba infestante.
In foto: Bottiglia ispirata ad un animale mitologico: il drago andino, con becco a staffa in ceramica, madreperla e turchese
Cosa è Sacro
Il fattore comune di queste civiltà è una religiosità che non è mai individuale, ma è sempre una collettiva e sempre coerente con la Natura stessa, intesa come cicli di vita, e principi di sopravvivenza. Ciò che è sacro non è mai il singolo, ma la Natura stessa. E ciascuno deve collaborare con la collettività per il bene della collettività attuale e futura. E mai deve permettere di alterare il sacro ciclo naturale delle cose. Una persona non agisce mai come se fosse staccata dagli altri, ma piuttosto come una formica in un formicaio, o un’ape in un alveare.
In quest’ottica il senso del sacrificio umano risiede del valore del sacrificio di pochi per il bene di molti, al punto da vedere questo sacrificio come un onore, un valore.
E in questo modo gli Antenati acquisiscono il significato di Radici, nel senso proprio letterale. Essi sono coloro che ci hanno nutrito, materialmente e spiritualmente, e perciò vanno onorati.
E i figli e i nipoti sono coloro a cui dobbiamo lasciare un mondo che abbia le risorse e le ricchezze così come le abbiamo conosciute e beneficiate noi. Perciò la Natura è sacra in relazione alla collettività futura.
Con il sacrificio estremo di Cristo per tutti noi è come se avessimo perduto il senso di sacrificio di ciascuno per la collettività. Sacrificio del singolo intero come “contributo”, “collaborazione”, “visione di un bene comune”…
L’uomo moderno non ha per niente il concetto di appartenere ad un’unica comunità. Abbiamo perso il senso di non alterare l’ordine naturale, perché se adesso abbiamo bisogno di istituire dei gruppi che diffondono questo valore, vuol dire che spontaneamente non lo sentiamo, o lo abbiamo dimenticato.
In foto: Bottiglie in ceramica con il simbolo dei gradini
Ma torniamo alla nostra antica civiltà precolombiana sulle Ande: la civiltà Moche 100 d.C. – 800 d.C.
Come dicevo sopra la Religione di questa civiltà era fortemente incentrata nella Natura. Perciò gli animali con le loro peculiarità e doti erano metafora e testimonianza del mondo ultraterreno.
Cosmologia andina
Tre mondi coesistono in equilibrio:
- il mondo superiore visibile, abitato dal sole, dalla luna e dalle divinità celesti
- il mondo del “Qui e Ora” abitato dagli esseri umani e animali, che si trova a metà come piano di contatto tra gli altri due mondi.
- il mondo interiore, dimora degli Antenati, è il luogo sotterraneo dove si raccoglie la pioggia e germinano i semi.
I gradini rappresentano la capacità di muoversi da un mondo all’altro.
La capacità di volare e la vista associano gli uccelli, soprattutto quelli predatori, agli dei, al Mondo Superiore del cielo, sia notturno che diurno e alla pioggia.
Le civette vivono e cacciano al buio, e hanno quindi il potere di mettere in comunicazione il mondo degli uomini con il mondo della notte.
I colibrì durante le fredde notti rimangono così immobili da sembrare morti. Con l’arrivo della luce e l’aumento della temperatura si rianimano e tornano ad impollinare i fiori, e sono così simbolo della rinascita dopo la morte;
In foto: Bottiglia zoomorfa in ceramica
I serpenti con la loro capacità di strisciare nella terra accedono al Mondo Sotterraneo da cui scaturisce l’acqua fonte di vita, e da dove i morti tornano in vita come semi che germogliano.
La loro caratteristica di perdere la pelle quando aumentano la lunghezza è proprio simbolo del rinnovamento;
I predatori felini, così agili, astuti, ineluttabili dispensatori di morte come fossero messaggeri degli dei, erano così messi in diretta relazione con i leader politici e religiosi infatti questi ultimi indossavano livree o copricapi decorati con artigli o pelli di questi animali.
e presente in diverse culture anche totalmente opposte geograficamente nel mondo.
Il movimento costante delle Spirali rappresenta le stagioni e le altre forze e cicli che animano il mondo esprimendo la permanente possibilità di una rinascita. Nei funerali, il liquido contenuto negli oggetti funebri (queste brocche e bottiglie), acqua e sangue sacrificale, attiva la forza vitale che anima ogni cosa e garantisce la continuità del defunto nel mondo interiore e la sua prossima rinascita.
Gli sciamani, assumendo le sembianze degli animali ora del cielo, ora della terra, riuscivano a percepire il mondo con la stessa prospettiva dei rapaci o dei predatori felini, ed erano dunque in grado di assumere i poteri associati ora al mondo superiore ora al mondo degli inferi, ed erano quindi in grado di comunicare con i poteri soprannaturali presenti negli altri mondi.
In questa anfora rituale viene immortalato il momento in cui lo sciamano cambia le sue sembianze umane per diventare giaguaro…
Il viaggio e il superamento di prove
La mostra si addentra poi nella storia di un eroe mitologico Ai Apaec, che è profonda e ricca di significati, come quella di Gilgamesh per i Sumeri.
Ai Apaec è un leader del popolo dei Moche, la popolazione che aveva coltivato e abitato le vallate del Perù settentrionale dal 100 all’800 d.C.
Preoccupato al tramontare del sole, che il suo popolo e la sua terra restino al buio, decide di compiere un viaggio per recuperare il Sole, il calore e l’energia necessari alla sopravvivenza della sua comunità.
Il nostro eroe visita i tre mondi, supera formidabili ostacoli, ottiene superpoteri, sacrifica la propria vita e ritorna a casa rinato, garantendo la continuità della vita.
Accompagnato dal suo fedele cane e dall’amica lucertola, Ai Apaec a cavallo di una poiana raggiunge il cielo stellato e scopre che il sole è già partito, e dunque ne segue i raggi fino alla riva del mare.
Sulla riva del mare, Ai Apaec incontra il Granchio il guardiano dell’accesso al mare. Deve confrontarsi con lui, non per ucciderlo, ma per ottenere il potere delle sue gambe forti e robuste.
Grazie a questo potrà arrampicarsi sulle rocce e la sabbia e seguire il sole nel mondo dell’oceano.
L’opponente successivo è il Pesce palla. La corona a civetta dona all’eroe la visione notturna e la capacità di vedere negli abissi oceanici.
Immergendosi sempre più in profondità nell’oceano, il nostro eroe combatte contro la Chiocciola marina gigante. Il grande guscio a spirale, chiamata tromba che permette di comunicare con gli dei, preserva altresì i perpetui cicli naturali. Una volta sconfitto il suo nemico, Ai Apaec sfratta il gasteropode e occupa il suo guscio, ricoprendosi così di una armatura invincibile.
A questo punto Ai Apaec raggiunge le profondità più buie dell’Oceano e si confronta con la divinità marina più potente, il temibile Decapitatore, formato in parte da uno squalo, una razza e un leone marino. Tutte queste battaglie lo hanno indebolito e invecchiato, in questa anfora si vede il volto dell’eroe con le rughe…
Il Femminino sacro: la Pachamama
Ai Apaec viene dunque sconfitto e muore…
Deve quindi lasciare la terra dei vivi, e discende nella terra degli antenati. Qui incontra Pachamama, la forza vitale della terra. A me ricorda la nostra Dea Madre dei culti pagani precristiani, che aveva i molti volti delle dee mediterranee e celtiche.
La Dea ha l’aspetto della Civetta… Quanto mi ricorda Atena!
La Dea guaritrice lo accoglie nella Terra degli Antenati e si prende cura di lui ripristinandogli la vita e il potere maschile. Successivamente fecondata da Ai Apaec, Essa partorisce l’albero della vita germogliante di frutti, garantendo così la continuità della vita.
Ai Apaec ritorna quindi nel mondo dei vivi, ma prima di tornare a casa va in pellegrinaggio alla Montagna dove abita il dio del liquido vitale e offre in dono il guscio della chiocciola marina gigante, in cambio della garanzia di piogge annuali.
Il Sole è stato salvato dall’oscurità e torna a splendere, le piogge cadono, i semi germogliano e crescono. Il ciclo della vita continua. La Comunità ha quindi la promessa di abbondanti raccolti e tutti e tre i mondi sono uniti.
Il Sacrificio
La storia di Ai Apaec mostra l’importanza del Sacrificio come strumento di rinnovamento e dono alla comunità. E mostra l’importanza del Rituale come linguaggio per contattare il mondo degli dei e degli antenati.
Ogni giorno, ogni battuta di caccia è un sacrificio: cervo e cacciatore assumono i ruoli di preda e predatore.
E la preda morendo dona le sue carni alla comunità che si ciba.
Il Sacrificio Rituale è come un sillogismo che parte da questo sacrificio ineluttabile che ogni giorno avviene in natura, e lo perpetua in maniera metaforica, per estendere il valore del Dono, a tutta la comunità.
I migliori guerrieri delle varie regioni andine partecipavano ai Combattimenti rituali, che servivano per determinare chi doveva svolgere il ruolo del cervo sacrificale.
Il Sacerdote, assumeva quindi il ruolo del predatore e tagliava la gola al guerriero sconfitto, ed il suo sangue veniva offerto agli dei.
Il sangue viene raccolto in speciali coppe che saranno offerte agli dei.
Il combattimento rituale può essere stato utilizzato per risolvere dispute intercomunitarie, o per il mantenimento dell’ordine. Nella visione del mondo per le civiltà precolombiane la Vita poteva riemergere solo grazie alla Morte, e l’offerta della propria vita era considerato l’atto sociale più nobile, poichè garantiva il ritorno della vita per la comunità.
che rappresenta un uccello-guerriero
I Sacrifici Rituali erano comuni in molte parti del mondo, i Celti li facevano ed anche i Romani, Greci, Fenici, Ebrei… Ma loro utilizzavano animali come “prede”.
Oggi sopravvivono solo in termini simbolici, come il nostro Pane e Vino, che rappresentano il Corpo e il Sangue di Cristo, che appunto si è sacrificato per noi, perché la comunità degli uomini ne avesse un beneficio.
La Morte
Grande importanza avevano altresì gli indumenti indossati dal morto nella sepoltura, poiché essi andavano ad unirsi agli antenati. I tessuti erano decorati a motivi geometrici con precisi significati. Ad esempio il motivo dell’onda significava che il morto veniva trascinato dall’onda nel fondo dell’oceano e poi più giù nella terra, nel mondo degli antenati. O ancora una schiera di persone ripetute significavano probabilmente la schiera degli antenati a cui si andava ad unire il morto.
Anche gli oggetti con cui veniva sepolto il morto erano significativi…
Tamburi e flauti giocano un ruolo centrale nei rituali andini, poiché dandogli una forma piuttosto che un’altra premettono di contattare una precisa divinità o potere associandolo al defunto.
L’intera società era chiamata a garantire il viaggio ultraterreno dei suoi leader, per il riconoscimento e il rispetto che l’intera comunità aveva per il loro ruolo di guida, e per la loro funzione di contatto con gli dei e gli antenati.
Abbigliamento cerimoniale
La mostra passa poi in rassegna l’abbigliamento cerimoniale e funerario dei nobili Chimu, una civiltà fiorita nella costa settentrionale del Perù tra il 1100 d.C. e il 1470 d.C.
L’oro e l’argento hanno pari valore, poiché hanno significati metaforici che servono a contattare le divinità del Sole o della Luna.
Il valore di questi oggetti funebri non può essere tradotto in monete, poiché aveva un significato che trascendeva la materia. I conquistadores spagnoli derubando questi popoli li hanno anche deprivati e saccheggiati della loro cultura, della loro storia, della loro identità, del loro prestigio e della loro prospettiva di vita oltre la morte. Ecco perché è così grave questo furto.
La mostra si chiude con l’ultima Civiltà andina: gli Inca (1438 – 1532) .
Di questa viene mostrata la struttura a gradoni della città del Machu Picchu, aggrappata tra le montagne considerate sacre, che rappresenta il culmine dell’ingegneria Inca, ed esprime le loro conquiste artistiche, organizzative ed architettoniche.
Le terrazze coprono i fianchi della montagna, ciascun livello contiene il successivo massimizzando il terreno coltivabile e risparmiando l’acqua. Il terrazzamento crea un microclima con variazione termica da una terrazza all’altra che consente la coltivazione di un’ampia varietà di prodotti. L’acqua raccolta in stagni artificiali e convogliata con una rete di impianti idraulici viene distribuita tra uso urbano e uso agricolo scorrendo dall’alto verso il basso e riducendo così gli sprechi in agricoltura.
Gli edifici sono realizzati con pietre che non sono cementate da malta ed hanno forme diverse creando una sorta di puzzle che consentiva l’adattamento e riposizionamento in caso di scosse sismiche.
All’epoca della conquista spagnola l’Impero Inca era vastissimo, dato che mediante alleanze e matrimoni politici avevano esteso l’influenza culturale su un territorio che corrisponde all’attuale Perù, Bolivia, Cile e Argentina nordoccidentale.
Il Machu Picchu dal 1983 è Patrimonio mondiale dell’UNESCO. Ogni anno più di un milione di persone provenienti da tutto il mondo visita la cittadella montana.